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Nonno Andrea, il villaggio delle zucche e la strategia di marketing

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Ti sei mai sentito trasportato in un mondo magico, immerso tra balle di fieno, spaventapasseri e zucche di ogni tipo e grandezza? Questa meraviglia si trova nel cuore di Villorba, in provincia di Treviso, nell’incantevole azienda agricola di Nonno Andrea, che crea un autentico Pumpkin Patch in stile americano.

L’Azienda Agricola di Nonno Andrea: un’esperienza bio e deliziosa

Nonno Andrea è un’azienda agricola che abbraccia con passione i metodi biologici e possiede la certificazione Biodiversity Friends per la produzione di frutta e verdura. Oltre a una vasta gamma di prodotti fatti in casa come composte dolci, sott’olio, creme di verdure e altro ancora, l’azienda vanta un agriturismo accogliente e instagrammabile.

Qui è possibile assaporare torte, biscotti, focacce e altri spuntini con un menù sempre in evoluzione, seguendo il ritmo delle stagioni. Un vero must sono i piatti preparati con la zucca, un’esperienza gustosa che delizia il palato.

  • Fonte: Nonno Andrea

Il Villaggio delle Zucche: un’atmosfera magica in autunno

Nel mese di ottobre, in occasione di Halloween e per celebrare la magia e i colori dell’autunno, nasce il Villaggio delle Zucche di Nonno Andrea. L’atmosfera che si respira è veramente incredibile e fatata, perfetta per i piccoli e i grandi.

Il villaggio è uno spettacolo scenografico: i bambini possono divertirsi con una vasta gamma di giochi creativi, mentre gli adulti possono rilassarsi gustando delizie in un ambiente colorato e allegro. Impossibile resistere alla tentazione di scattare qualche foto con gli spaventapasseri più bizzarri e le diverse attrazioni decorate da zucche.

  • Fonte: Nonno Andrea

Strategie di Marketing per creare un mondo incantato accessibile a tutti

Per rendere questa esperienza accessibile a un vasto pubblico e garantire il successo del Pumpkin Patch, Nonno Andrea adotta una serie di strategie di marketing ben studiate:

🎃 Estensione della Stagione: L’allestimento del Villaggio delle Zucche è disponibile dal 29 settembre al 31 ottobre, sette giorni su sette, dalle 9:00 alle 20:00. Questo ampio periodo permette a un vasto pubblico di partecipare.

🎃 Eventi Speciali e Attrazioni: L’aggiunta di un labirinto, artisti e giocolieri, musica dal vivo e altre attrazioni speciali rende l’esperienza ancora più coinvolgente. Questi eventi speciali contribuiscono ad attirare un numero maggiore di visitatori.

🎃 Strategia di Prezzi Flessibile: L’azienda adotta una strategia di prezzi flessibile con tariffe differenziate per i giorni feriali e i weekend. L’ingresso a pagamento è stabilito a 6 euro a persona durante la settimana e 8 euro nei weekend. Sono previste tariffe gratuite per determinate categorie di visitatori, come bambini sotto i 3 anni, over 80 e persone con disabilità.

🎃 Comunicazione Efficace: La promozione mediante l’utilizzo di piattaforme digitali, quali i canali social e la community di Nonno Andrea, costituisce un efficace veicolo pubblicitario. Inoltre, la diffusione delle informazioni attraverso il sito web e la possibilità di acquistare i biglietti online agevolano l’accessibilità e promuovono l’evento in modo efficace.

In conclusione, il successo del Villaggio delle Zucche di Nonno Andrea è frutto di una combinazione di fattori, tra cui la creazione di un’esperienza coinvolgente e magica, una strategia di marketing ben studiata e l’attenzione alla soddisfazione dei visitatori di tutte le età. 

Un’esperienza che si trasforma in qualcosa di unico e affascinante.


Il Messy Middle è servito!

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Un processo d’acquisto a forma di spaghetti

Immagine del percorso di acquisto che assomiglia a degli spaghetti e che rappresenta il Messy Middle
Fonte: Think with Google

Il percorso che seguono le persone prima di concludere un acquisto non è lineare. Dimenticate i vecchi modelli di marketing rappresentati da imbuti o step conseguenziali. Sembrerà strano e forse vi strapperà un sorriso ma il piatto di spaghetti è l’immagine che meglio descrive il sentiero che ci porta alla decisione finale. E se vogliamo fare un paragone, il processo d’acquisto è simile a quello che ci conduce alla scelta del piatto da ordinare dopo aver letto il menù.

Il nome tecnico di questo nuovo modello è Messy Middle ed è stato scoperto da Alistair Rennie e Jonny Protheroe, due ricercatori del team analisi dei consumatori di Google che hanno usato la metafora degli spaghetti per spiegarlo.

Il tramonto dei classici funnel

AIDA, TOFU, MOFU, BOFU sono acronimi che descrivono diverse tipologie di funnel di cui avrete sicuramente sentito parlare. Una persona matura la consapevolezza di avere un bisogno, ricerca le informazioni su un prodotto che potrebbe soddisfarlo, poi valuta le alternative e infine sceglie quale acquistare. Successivamente c’è una fase dedicata alla fidelizzazione del cliente. Questi step o fasi sono indicati nei classici funnel e sono stati completamente stravolti dal Messy Middle che ha proposto delle inedite chiavi di lettura dei processi d’acquisto.

Il Messy Middle in poche parole

Foto che rappresenta il modello del Messy Middle
Fonte: Think with Google

Dopo aver avvertito un bisogno, le persone svolgono un’attività costante di esplorazione e valutazione di un prodotto. L’esplorazione ha una natura espansiva: si amplia lo spettro delle ricerche. La valutazione ha invece una natura riduttiva: si considerano i prodotti di interesse e si analizzano studiandone i dettagli. Durante la valutazione si possono scoprire nuove caratteristiche di un prodotto, quindi, successivamente si comincia una nuova fase di esplorazione per cercare altri prodotti con quelle particolarità. Questo è il processo descritto dai ricercatori di Google ed oscilla stabilmente tra le due fasi sopra citate.

Naturalmente c’è un trigger iniziale che svolge la funzione di innesco e uno step conclusivo rappresentato dall’acquisto. Durante le poche fasi previste dal Messy Middle si è continuamente esposti alle pubblicità dei marchi e all’esperienza che propongono. Una strategia corretta e adeguata da parte dei brand sotto questo punto di vista favorisce il purchase.

Indurre all’acquisto con i bias

Il cervello è diviso in due emisferi, e citando Kahneman possiamo dire che uno è più pigro dell’altro. Per questo, spesso incappiamo in errori cognitivi, infatti il nostro cervello sceglie delle scorciatoie per prendere delle decisioni. Questa brevissima descrizione spiega in sintesi il concetto di bias (euristiche).

Questa foto rappresenta il cervello e simboleggia i bias cognitivi previsti nel Messy Middle

Ci sono alcuni bias che, se utilizzati in modo corretto, favoriscono il processo di acquisto riducendo il tempo dedicato alle fasi di esplorazione e valutazione:

  • euristica di categoria: fornire delle informazioni precise che permettano di classificare un prodotto e capire al volo le sue caratteristiche. Ad esempio indicare i megapixel della fotocamera di un cellulare o il peso di un particolare prodotto o la tipologia di un libro;
  • euristica dell’autorità: presentare pareri di esperti, scienziati e persone autorevoli;
  • riprova sociale: in condizioni di incertezza il parere dei pari può orientare una scelta. Presentare delle recensioni positive in un sito rappresenta uno strumento che favorisce questo bias;
  • potere dell’immediatezza: rendere disponibile un prodotto nell’immediato o nel breve periodo ne aumenta le probabilità di acquisto;
  • potere della scarsità: quando vogliamo comprare un prodotto e questo è disponibile per poco tempo oppure esiste in un numero limitato di copie, la nostra voglia di acquistarlo aumenta;
  • gratuità: vendere un prodotto offrendo qualcosa in omaggio oppure regalando uno sconto per un futuro acquisto è una tecnica efficace per attivare un bias.

Questa teoria si basa sulle scienze comportamentali applicate agli studi di marketing. Avevate mai sentito parlare del Messy Middle? Contattaci per conoscerci e scoprire quali strategie di comunicazione potrebbero essere più utili per la tua azienda.


Rivivere il mito della Caballero

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Ritorno al futuro, in sella ad una Caballero. Questa frase spiega il concetto che Fantic ha esposto ad AERA per la realizzazione di una campagna per il lancio del nuovo modello della celebre motocicletta Caballero. Per chi non conoscesse questa moto iconica, è stata prodotta alla fine degli anni 60, ed ha contribuito a scrivere la storia delle due ruote: è stata acquistata da una generazione intera, ed ha ispirato milioni di giovani. La nuova versione della Caballero è stata prodotta in due varianti ed ha tre cilindrate diverse; il design è stato rinnovato, ed il motore reso più potente.

Il ruolo di AERA

AERA ha individuato due target principali per promuovere il nuovo modello della Caballero: il primo è rappresentato da coloro che avevano acquistato questa moto quando erano giovani, ed il secondo dalle persone potenzialmente interessate ad una motocicletta con quelle caratteristiche e un passato prestigioso.

L’obiettivo previsto dalla strategia è stato far rivivere il mito della Caballero, proiettando il passato nel futuro. Quindi valorizzando le caratteristiche del nuovo modello.

Nello specifico sono state progettate alcune azioni: realizzazione di un sito ad alto impatto emozionale e una brochure.

I contenuti visuali sono stati i protagonisti del sito, e sono stati scelti per riaccendere l’entusiasmo degli amanti della Caballero. Inoltre, è stata prevista una sezione dove vedere le differenti versioni della moto con le caratteristiche tecniche.

Le emozioni hanno avuto un ruolo importante anche nella brochure: la Caballero è stata la prima moto per tanti appassionati, quindi è stato scelto come claim “IT ALL BEGAN WITH A CABALLERO”. I copy e le foto utilizzati sono evocativi per ricordare le prime corse in moto.


Pausa caffè: un rito fondamentale per lavorare meglio

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Nella routine lavorativa quotidiana di ognuno c’è un momento importante a cui non si può rinunciare: la famosa pausa caffè. Inizialmente veniva considerata una perdita di tempo perché interrompeva l’attività che si stava svolgendo. Ora è considerata una fase fondamentale della giornata, sia per il benessere del lavoratore ma anche per la sua produttività. Lo spiegano bene molti professori che studiano le dinamiche sociali presenti nelle aziende e i fattori che influenzano la qualità del lavoro.

Non è un caso se gli uffici moderni sono progettati prevedendo aree relax, isole per la pausa caffè e spazi dove i dipendenti possono rilassarsi e ricaricare le batterie.

Perchè la pausa caffè è indispensabile.

Ma quali sono i benefici della pausa caffè? Sono molteplici e riguardano la salute del lavoratore, il suo rendimento e il clima aziendale.

Davanti alla macchinetta del caffè si scambiano quattro chiacchiere con i colleghi e questo momento è funzionale al team building. Si può parlare di lavoro ma anche di faccende personali o delle proprie passioni, per distrarsi, e poi tornare alle proprie attività, più concentrati di prima. A volte, la pausa è importante per migliorare la propria capacità di problem solving: quante volte accade di bloccarsi di fronte a un problema? Pensare ad altro per un po’ e poi ricominciare a riflettere sul proprio task, può aiutare a superare l’impasse.

Un coffee break stimola la creatività: discutendo con i colleghi durante la pausa, spesso emergono le idee migliori o spunti utili da sviluppare nel proseguo della giornata. Alzarsi dalla propria postazione serve anche per il proprio benessere fisico: non fa bene passare ore e ore seduti davanti al computer senza mai fare due passi.

Insomma, la pausa caffè ha un ruolo sociale e terapeutico e questo è quanto emerso anche dalla tavola rotonda organizzata da Nespresso sull’ufficio 3.0 e i cambiamenti che interverranno in futuro. Ci sono anche degli studi condotti sugli effetti dell’assunzione di caffè che spiegano l’importanza di questa bevanda. Nello specifico, Darya L. Zebelina e Paul J. Silvia si sono cimentati in questo compito e hanno dimostrato che un consumo moderato di caffeina favorisce la risoluzione dei problemi creativi: si è più attenti e vigili e concentrati. Inoltre migliora l’umore. Invece secondo l’European Food Safety Authority bastano 75mg di caffeina per essere più svegli e concentrati.

Quante volte fare una pausa durante il proprio lavoro? Le teorie di cui non hai mai sentito parlare.

E quante volte si dovrebbe fare una pausa nell’arco della giornata? Naturalmente non si deve abusare di questo momento: si è pur sempre in un luogo di lavoro. Solitamente si fa un break a metà mattinata e almeno uno durante il pomeriggio, tuttavia ci sono alcune buone pratiche poco note che suggeriscono una scansione del tempo di lavoro inusuale.

Al termine di un’analisi svolta con il software DeskTime, gli autori hanno concluso che lavorare consecutivamente per 52 minuti e successivamente fare una pausa di 17 è la modalità migliore per mantenere alto il proprio rendimento. Ma non c’è solo questa possibilità, infatti la teoria di Cirillo rappresenta un’alternativa: lavorare per 25 minuti di seguito e fare una pausa di 5 minuti, per 5 volte in tutto, allungando però la pausa a 20/30 minuti al termine del quinto step. Come già scritto, questi metodi non molto diffusi.

Coffee break: un rito internazionale.

La pausa caffè non è un momento sacro solo in Italia. In Svezia c’è una tradizione irrinunciabile che si chiama Fika. In cosa consiste? In una pausa da svolgere a metà mattinata o pomeriggio con amici o colleghi bevendo un caffè, del tè oppure una cioccolata calda. Naturalmente in base ai propri gusti personali. Se avete fatto una vacanza in questo paese sapete già di cosa parliamo, se invece intendete visitarlo in futuro, avrete modo di scoprirlo. Anche in Germania c’è una consuetudine analoga: il Kaffeeklatsch, che significa chiacchiere di caffè. Solitamente questo break si svolge nel pomeriggio tra le 16 e le 17.

Alla nostra piccola aiutante dobbiamo molte idee creative che ci hanno permesso di sviluppare campagne originali!


Sanremo 2023 e la strategia digitale

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Si è conclusa da poco la 73° edizione del Festival di Sanremo. Quest’anno il Festival della canzone italiana è stato molto digital, non solo per la presenza di Chiara Ferragni, nota influencer, tra i presentatori. Negli ultimi anni si è investito molto nella transmedialità per riuscire a raggiungere pubblici diversi da quelli tradizionali e coinvolgere i giovani.

Facendo una ricerca nelle principali piattaforme social abbiamo trovato un profilo ufficiale della manifestazione in ognuna di esse:

  • Facebook
  • Instagram
  • Twitter
  • Tik Tok

Studiando i contenuti, abbiamo notato che la strategia adottata ha considerato i diversi canali con le proprie specificità e quindi previsto una leggera differenziazione dei post condivisi nelle piattaforme.

Per valutare la presenza digitale del Festival non bisogna limitarsi solo ai social network. Gran parte dei post Facebook, Instagram e Twitter hanno incluso nel copy un link del sito Rai Play, dove poter guardare in diretta le serate o rivederle in differita. O dov’è tuttora possibile rivedere le singole esibizioni degli artisti preferiti. Oltre a questo link è stato indicato quello del sito Rai Play Sound: qui si trovano podcast e trasmissioni radio della Rai.

Nello specifico, i post che contengono questi link nel testo, mostrano parti dell’esibizione di un artista oppure di serate del Festival. Questi contenuti generano curiosità nell’utente e lo indirizzano nei siti RAI per guardare l’esibizione intera oppure ascoltare la canzone preferita.

Quindi i siti web della Rai rappresentano il perno o hub nell’architettura della strategia social.

TWITTER

E’ interessante evidenziare una particolarità: gran parte dei contenuti su Sanremo non sono stati condivisi dall’account ufficiale della manifestazione ma dalle pagine: Rai Radio2, Rai1, RaiPlay, Ufficio Stampa Rai. La pagina del Festival li ha poi ritwittati.

Vi starete chiedendo “Condividere i tweet nella pagina ufficiale non sarebbe stato più semplice?”.

Sì, ma in questo modo si promuovono anche gli altri account RAI.

TIK TOK

In questa piattaforma sono stati condivisi dei contenuti esclusivi. Ciò dimostra la varietà del piano editoriale che presenta delle particolarità in base alla tipologia del canale social.

E Valentina Romani? La conoscete? È una dei giovani attori della serie Rai Mare Fuori“. Lei ha accompagnato i follower della pagina per l’intera durata del Festival con video girati dal balconcino Generali, come lo chiama lei. Da questo terrazzino si vede il teatro Ariston da vicino.

Ogni giorno, prima dell’inizio delle serate, è stato condiviso un video di Valentina per generare interesse. Perché è stata coinvolta? Perché gli utenti di Tik Tok sono in gran parte giovani. E chi meglio di un giovane è in grado di relazionarsi con questo target? Inoltre, con la sua presenza si è voluto promuovere anche la nuova stagione della serie in cui recita: la terza stagione di Mare Fuori, da poco disponibile su RaiPlay. Infatti gli attori del film sono stati invitati sul palco durante una delle ultime serate.

Su Tik Tok, come già scritto, sono stati condivisi dei contenuti speciali: video dove i cantanti hanno risposto a domande personali leggendo delle carte “Memedeus”. Oppure video che mostrano il dietro le quinte del Festival o momenti divertenti delle serate.

INSTAGRAM

L’annuncio dell’apertura della pagina di Amadeus ha sicuramente dato centralità a questo canale: dopo qualche minuto dalla sua creazione, il profilo ha raggiunto i 500.000 follower. Le dirette fatte dal palco durante la trasmissione hanno favorito l’afflusso di traffico nelle pagine Instagram e consentito ai follower di vivere un’esperienza immersiva: l’intreccio tra le dirette tv e Instagram ha avuto anche questa funzione. D’altro canto i social sono gli ambienti della disintermediazione.

E ANCORA

Il ruolo delle pagine di Chiara Ferragni e Gianni Morandi ha avuto un’indubbia rilevanza nel promuovere il Festival e coinvolgere gli utenti. Ovviamente non sono mancati i meme, ed alcuni sono stati mostrati in diretta durante la finale per incentivarne la creazione (I famosi user generatd content).

Fonte “Wired.it”

In Facebook abbiamo trovato un gruppo ufficiale del Festival di Sanremo, creato per condividere i contenuti della pagina ufficiale, monitorare le discussioni e i post generati dagli utenti e fidelizzare. Alcuni post della pagina del Festival hanno richiesto ai follower di compiere delle azioni: commentare scrivendo il titolo delle canzoni preferite, ad esempio. Questo per l’engagement.

Nella condivisione di tutti i contenuti nei diversi canali sono stati utilizzati degli hashtag specifici per generare dei flussi e dei trend.

Infine non dimentichiamo Spotify: già al termine della prima serata, in quest’app era possibile ascoltare le canzoni degli artisti in gara.

UN BREVE COMMENTO

L’architettura della strategia digitale ha considerato tutti i canali social a disposizione e il sito web Rai Play per promuovere il festival e le canzoni tra i vari pubblici. Il coinvolgimento degli utenti, non solo in funzione del voto, è stato un altro obiettivo.

È stata utilizzata una strategia transmediale curata nei minimi dettagli per rendere Sanremo un’esperienza immersiva da far vivere al pubblico.

SANREMO IN NUMERI

La pagina Facebook del Festival di Sanremo ha 1.142.353 follower, un tasso di engagement del 12% e di interazione dello 0,99%. Questi dati riguardano gli ultimi 28 giorni. Sempre in questo periodo di tempo sono stati condivisi 11,6 post al giorno: immagini e video.

Il video dell’esibizione di Mr. Rain durante la prima serata è il post che ha ottenuto il maggior numero di interazioni.

Mentre quello della performance di Marco Mengoni lo segue a ruota.

SANREMO E GOOGLE

Secondo i dati di Google Trend, La keyword “Festival di Sanremo” ha raggiunto il picco di interesse mercoledì 8 febbraio. Le ricerche sono diminuite nei giorni seguenti. L’11 febbraio hanno invece registrato una nuova crescita.

Le regioni dove gli utenti Google hanno dimostrato maggiore interesse sono: Liguria, Piemonte e Abruzzo. Il Trentino Alto Adige si posiziona ultimo in questa classifica.

Chi ha cercato il termine Festival di Sanremo ha cercato anche Blanco, scaletta, Chiara Ferragni, Marco Mengoni e prima serata. Oltre ad aver cercato anche il comune italiano di Sanremo ed altri argomenti.

Le query non si discostano molto da questo elenco di parole. Tra gli argomenti e le query che hanno registrato un’improvvisa impennata nelle ricerche ci sono quelle che contengono la parola Blanco.

Questi dati riguardano gli ultimi 30 giorni.


Alla scoperta del marketing automation

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Un’agenzia di comunicazione o l’ufficio marketing di un’azienda hanno molte attività da svolgere e parte del loro lavoro è dedicato all’elaborazione di strategie e tattiche per comunicare nel modo più efficace. Data questa mole di lavoro, per risparmiare energie e tempo da impiegare nella definizione delle tattiche di marketing oppure nella fase di sviluppo della creatività, la scelta di utilizzare software per il marketing automation è estremamente opportuna.

Cos’è il marketing automation?

Sono delle procedure, dei sistemi che si attivano grazie a dei software che consentono di svolgere con efficienza delle azioni precise. Naturalmente, alla base dell’uso di questa tecnologia, c’è la persona che individua gli obiettivi da perseguire con questi programmi.

Il principio cardine dell’automazione di alcuni processi di marketing è:

“Arrivare al target individuato nel momento giusto con il messaggio più idoneo“.

Il marketing automation può essere applicato all’email marketing, al social media marketing e all’acquisizione e gestione dei lead. Per farlo è importante stabilire un workflow corretto: target, trigger, azioni e risultati.

Quali sono le attività precise alle quali si può applicare l’automation?

  • Lead generation: ottenimento di contatti potenzialmente interessati a diventare clienti.
  • Lead nurturing: attività volte a creare una relazione con i lead attraverso l’invio o la presentazione di contenuti di valore per essi.
  • Lead scoring: consiste nell’assegnare un punteggio ai lead in base al valore che possono avere per l’azienda.
  • Attività di up-selling: finalizzate ad incentivare il cliente ad acquistare un quantitativo di prodotto maggiore rispetto a quanto preventivato.
  • Attività di cross-selling: funzionali ad incentivare il cliente ad acquistare un prodotto complementare.
  • Customer retention e customer loyalty: tecniche adottate per trattenere il cliente e poi fidelizzarlo.

LinkedIn: perché questo social è la miniera d’oro del lavoro

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Lanciato negli Stati Uniti il 5 maggio 2003 e sbarcato in Italia nel 2011, LinkedIn è la piattaforma d’eccellenza per il lavoro. 

Parliamo infatti di un social network di proprietà di Microsoft che permette ai suoi iscritti sia di cercare lavoro, consultando annunci e inviando candidature, sia di trovare personale qualificate per la propria azienda. 

Linkedin viene spesso e volentieri definito come “il social dei professionisti” anche se, al giorno d’oggi, gli utenti che lo popolano fanno parte di tutte le categorie lavorative. 

Si può dire inoltre che questo prezioso strumento, utilizzato specialmente per il personal branding e per il networking personale, abbia abbattuto le barriere stipulando un accordo con la Pubblica Amministrazione italiana. Tra non molto si potrà ricevere una notifica sul proprio profilo quando l’applicazione rileverà un match tra le proprie competenze e quelle richieste dal portale della PA (InPA). 

Ma quindi, come possiamo usare LinkedIn?

Oltre alle classiche regole di base come dover scegliere una foto profilo adatta (in questo caso che trasmetta professionalità), ci sono alcuni accorgimenti utili per far spiccare il proprio profilo tra gli altri. 

Innanzitutto bisogna tenere a mente che LinkedIn è un “professional network”. Ciò significa che servirà principalmente per esternare la propria “identità professionale”, vi consigliamo perciò di trasformare l’headline del vostro profilo in qualcosa di molto più di una semplice job title, descrivendo cosa siete e non semplicemente cosa fate.

Anche il summary in questo caso dev’essere fatto ah-hoc e trasformato in una storia. Il nostro consiglio è quello di seguire la formula di Laszlo Bock che permette di esporre il risultato, inserendo dati e riferimenti che provino la veridicità di ciò che viene scritto.

LinkedIn serve per il lavoro ma bisogna tenere a mente che in quanto social, connette persone. In questo caso sarà necessario creare nel tempo una rete di contatti coerenti con la propria figura e riuscire a mantenere i rapporti nel tempo interagendo con i propri “collegamenti”. 

Ultimo ma non per importanza, LinkedIn consente di trovare opportunità lavorative. Non si deve aver paura di mettere in mostra i certificati o gli attestati conseguiti e i corsi seguiti, così come bisogna iniziare a vedere di buon occhio le raccomandazioni e le referenze che possediamo.

E le aziende?

Avere una pagina aziendale su LinkedIn può fare la differenza e crearla è completamente gratuito. 

Sulle pagine è possibile svolgere semplici azioni come condividere post e articoli, pubblicare annunci di lavoro per gestire efficientemente le attività di ricerca del personale, ma non è finita qui.

Innanzitutto ricordiamo che è necessario possedere una pagina per intraprendere azioni sponsorizzate (come ad esempio immagini, annunci di testo o messaggi), e questa può essere la base di partenza per creare pagine vetrina o pagine evento. 

Per un’impresa, LinkedIn può rappresentare una risorsa perché dà la possibilità di iniziare attività di Social Selling, ossia lo sfruttamento delle relazioni della propria rete a scopo commerciale.


Per concludere, questo social network, se usato nel modo corretto, può diventare sinonimo di employer branding. Si può valorizzare così la propria azienda grazie ai dipendenti che ne diventano quasi “ambassador” e rendere la sua immagine accattivante agli occhi degli utenti.

Cos’è la Value Proposition, e come si crea

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Con il passare degli anni, è diventato sempre più essenziale per le aziende distinguersi dai competitor. Ad oggi non si mira più a vendere un semplice prodotto, l’obiettivo è avvicinarsi il più possibile al consumatore finale e comunicargli perché ha bisogno del nostro prodotto.

Proprio su questo si basa la Value Proposition, una tecnica logica che permette di comunicare al cliente che ciò che stiamo vendendo soddisfa le sue necessità, reali o ideali, aiutandolo a migliorare la sua vita.

“Perché me piuttosto dei competitor?”

È proprio questa la domanda che dobbiamo porci per riuscire a scrivere una proposta di valore efficace. 

Oltre ad adottare un tone of voice adatto e in linea con il nostro brand, è importante anche strutturare attentamente la proposta. Per lasciare il segno nella mente del possibile acquirente dobbiamo farlo “sentire a casa”, parlando la sua stessa lingua. 

Il linguaggio gioca infatti un ruolo fondamentale, saper scegliere le parole giuste può fare la differenza. 

Come scrivere una buona value proposition?

Gli elementi essenziali sono tre:

  • Titolo: deve colpire al primo colpo chi sta leggendo, incuriosendo e trasmettendo sicurezza. 
  • Sottotitolo: dobbiamo dimostrare di sapere chi siamo, cosa offriamo e quali sono i benefici del nostro prodotto, parlando in modo chiaro e diretto al lettore.
  • Immagine: dev’essere coerente con il testo, con il brand e con il valore comunicato. 

Bisogna ricordare che le immagini, molte volte, hanno un potere comunicativo più potente delle parole. 

Un esempio per capire meglio:

“MailChimp

Send Better Email”

In questo caso, MailChimp, una piattaforma che offre servizi di email marketing, utilizza solo tre parole per far colpo sugli utenti: “invia e-mail migliori”. 

In questo caso specifico è stata messa in atto anche una strategia linguistica detta presupposizione. Leggendo “migliori”, l’utente inizierà a credere involontariamente che fino a quel momento abbia inviato mail banali o nella media, e che MailChimp sia la soluzione per fare un passo avanti.

Ultimo, ma non per importanza, dobbiamo controllare che le informazioni da processare siano, oltre che chiare e dirette, fornite nella giusta quantità. Difatti, nel caso fossero troppe, l’utente potrebbe confondersi e non riuscire a individuare il messaggio che vogliamo comunicare, passando all’opzione successiva senza considerare la nostra. 

Vuoi trovare la Value Proposition perfetta per la tua azienda?

Marketing relazionale: un cambiamento radicale

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Confrontarsi con una persona empatica e capace di comprendere i bisogni dell’interlocutore è soddisfacente, vero? Quando si dimostra un reale interesse verso qualcuno è più facile instaurare una relazione. Lo stesso vale per il marketing: un’azienda che mette il cliente al centro ha sicuramente maggiori probabilità di conquistarlo rispetto ad un’altra che invece si concentra unicamente sulla promozione dei prodotti offerti sul mercato. Questo è il significato del concetto di marketing relazionale. 

Scegliendo altre parole, si può descrivere il marketing relazionale come quell’insieme di attività svolte da un’azienda per sviluppare relazioni qualitative con un cliente al fine di fidelizzarlo. Naturalmente per farlo è necessario basarsi sui suoi bisogni, prevedendoli in anticipo se possibile. In quest’ambito il focus delle aziende viene posto sulla persona: infatti non si parla di B2B o di B2C ma di H2H, cioè human to human.

Il cliente comanda!

Le origini di questa strategia risalgono ad un periodo storico ben preciso: il post 1929. Negli anni successivi alla grande depressione anche il mondo del marketing si interrogò su come ripartire ed un grande esperto chiamato John Benson evidenziò la necessità di concentrarsi su ciò che il cliente desidera.  

“Forse d’ora innanzi dovremo usare meno il nostro ingegno per campagne fantasiose e più per riuscire a capire davvero ciò che la gente vuole. Il Cliente comanda!”.

Queste sono le parole pronunciate da Benson in persona. Per ricostruire la fiducia venuta a mancare a causa del perdurare della crisi era necessario ripartire dai bisogni delle persone, quindi diventava strategico far vivere loro un’esperienza soddisfacente in tutte le fasi della customer journey.

Marketing relazionale vs marketing transazionale

Qual è la differenza tra il marketing relazionale e quello transazionale? Il secondo è quello classico: ha come obiettivo la massimizzazione delle vendite nel breve termine e si rivolge a un pubblico vasto.

Inoltre il contatto con il cliente si ha prevalentemente in occasione delle vendite. Il marketing relazionale mira a coltivare una relazione nel lungo termine, con il cliente, mediante un’interazione continua per conquistare la sua fiducia. La caratteristica che lo distingue è anche il valore che viene riconosciuto ai bisogni e alle aspettative delle singole persone.

Perchè il marketing relazionale

Secondo uno studio, i clienti fidelizzati possono arrivare a spendere il 40% in più se soddisfatti. Perciò far vivere loro un’esperienza gratificante e personalizzata è la chiave per il successo. C’è un altro vantaggio che deriva dalla felicità del cliente: una persona entusiasta promuoverà il marchio parlando con amici e conoscenti. Così può diventare un vero e proprio testimonial. Questa strategia nel tempo consentirà di creare una community intorno al brand: dettaglio non banale.

3 regole

  • Conoscenza
  • Interesse
  • Fiducia

Questo è il quadro all’interno del quale si sviluppano le relazioni con i clienti e ci vuole del tempo perchè evolvano fino all’ultimo step.

Come fare marketing relazionale?

  • Innanzitutto è necessario definire la customer journey del cliente e delineare il funnel
  • È importante avvalersi di un CRM: Customer Relationship Management
  • Bisogna segmentare la clientela in gruppi omogenei

Lead nurturing e lead scoring

Di cosa parliamo? Il lead nurturing è un processo di marketing automation che consente di inviare messaggi personalizzati ai potenziali clienti, accompagnandoli nel funnel. Questi hanno diversi contenuti: informazioni utili, suggerimenti, sconti e via dicendo. I contenuti variano in base alla fase del percorso del prospect. Il lead nurturing è quindi una metodologia importante per il marketing relazionale.

Anche il lead scoring lo è: grazie a questa tecnica si assegna un punteggio ai prospect in base alle azioni che compiono nel sito, per esempio. Così si quantifica l’interesse che possono avere nell’acquistare un prodotto. Una volta classificati i prospect è possibile raggrupparli per poi contattarli.

Alcuni strumenti del marketing relazionale

  • Social network per condividere contenuti utili e coinvolgenti
  • Newsletter
  • Sondaggi
  • Richiesta feedback
  • Webinar o eventi fisici
  • Servizio clienti

Ora anche tu conosci i segreti del marketing relazionale ed hai imparato che i clienti vanno considerati in primo luogo delle persone. Se vuoi approfondire ulteriormente questo argomento contattaci.

Essere un’azienda B2B e investire in comunicazione: delle buone ragioni per farlo.

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Per le aziende B2B serve investire in comunicazione? Spesso si sente dire che le aziende che operano nel settore business to business non abbiano un particolare bisogno di investire in comunicazione assumendo personale specializzato o collaborando con agenzie. 

Non c’è nulla di più sbagliato. 

Se il target di queste aziende è diverso da quello delle delle aziende B2C non significa che investire nella comunicazione non debba essere una delle priorità.

Certo, per il B2B cambiano le tecniche, le esigenze specifiche, ma la sostanza no.

Quello che le aziende B2B devono sapere

Gli analisti di Gartner Inc hanno fornito alcuni dati che dimostrano che la comunicazione sta assumendo un’importanza crescente per queste imprese: secondo la multinazionale che si occupa di consulenza strategica, entro il 2025 nell’80% dei casi, il modello di comunicazione per le aziende B2B sarà ibrido e vedrà un ruolo centrale del digital e dei social network.  Per questo Rob Sanchez ha commentato così su Forbes “Ecco perché i professionisti del marketing B2B devono comprendere meglio il profilo dei propri acquirenti: oggi l’obiettivo è strutturare una pianificazione che soddisfi nuove specifiche esigenze”.

Invece, una ricerca condotta dalle agenzie Sec Newgate Italia e Cernuto Pizzigoni & Partners, su un campione di 100 aziende B2B impegnate nel settore dell’industria e dei servizi, dimostra che 8 aziende su 10 focalizzeranno la propria comunicazione su digitale, ufficio stampa e lobbying. Per quanto riguarda la prima categoria, tra i social più gettonati compaiono Linkedin (96%) e dopo YouTube e Facebook (70%).

La pandemia globale ha ridotto al lumicino le occasioni di incontro fisico e le fiere ed ha modificato profondamente le abitudini delle imprese: uno studio condotto nel 2020 in Italia da McKinsey su 400 “decision maker” spiega che il 97% delle aziende B2B italiane sarebbe disponibile ad effettuare acquisti utilizzando l’e-commerce, quindi senza incontrare un venditore. Tuttavia, nonostante queste tendenze, i dati raccolti dall’Osservatorio istituito da Marketing Arena con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, spiegano che solo il 25% delle aziende intervistate vende online. C’è quindi uno scollamento tra domanda ed offerta.

Quali obiettivi di comunicazione?

Abbiamo capito che in prospettiva, anzi già adesso, investire in comunicazione è importante per il settore B2B. Ma su questo versante quali sono i principali obiettivi da perseguire per le aziende?

Elenchiamo i principali:

  • Awareness
  • Reputation
  • Thought leadership
  • Lead generation


Utilizzando i diversi canali di comunicazione: dal blog ai social, passando per l’email marketing, una delle priorità è promuovere il proprio marchio: farlo conoscere comunicando i valori ed il beneficio per il pubblico. 

Anche la reputation ha un ruolo fondamentale. Nel B2B la comunicazione non è rivolta agli utilizzatori finali, ma ai manager ed ai dirigenti d’azienda: il processo decisionale per l’acquisto di un prodotto è quindi più complesso e coinvolge diversi attori. Dato questo scenario, la reputazione, ossia dimostrare competenza e conoscenza del proprio settore è quindi importante. 

Linkedin è il social d’eccellenza dei professionisti perciò deve essere utilizzato dalle aziende B2B condividendo contenuti interessanti al fine di dimostrare la propria competenza, la propria bravura. Con un uso efficace di questo social e degli altri, insieme al blog, è possibile anche affermarsi come thought leader: leader di pensiero, punti di riferimento per un settore.

Naturalmente, uno degli scopi principali di ogni strategia di comunicazione è quello di ottenere nuovi contatti: persone interessate ad acquistare i prodotti o i servizi che si offrono sul mercato. Nel mondo digitale ci sono i consumatori finali, ma come loro anche i dirigenti delle aziende. Quindi, riuscire ad essere protagonisti in questa dimensione con tecniche efficaci permette sicuramente di ottenere nuovi contatti e di farsi notare. Non dimentichiamo che negli ultimi anni la qualità della comunicazione è accresciuta: sia dal punto di vista delle grafiche che dei contenuti. Pertanto non essere al passo con questi cambiamenti significa essere percepiti come realtà di serie b, nonostante si realizzino prodotti di ottima qualità.

Comunicare bene, al giorno d’oggi, è importante per tutti.